Ecco tutti i vincitori del premio internazionale di letteratura dedicato ad Antonia Pozzi

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“Per troppa vita che ho nel sangue” a 110 anni dalla nascita della poetessa milanese che riposa a Pasturo

Si è svolta a PASTURO sabato 18 giugno alle ore 15, presso il cine teatro Bruno Colombo, la cerimonia di premiazione della sesta edizione del Premio Internazionale di letteratura “PER TROPPA VITA CHE HO NEL SANGUE” dedicato alla poetessa Antonia Pozzi, di cui si celebra quest’anno il 110 anniversario della nascita.

Il premio è ideato e organizzato dalla poetessa Caterina Silvia Fiore e patrocinato dal Comune di Pasturo ha assegnato la targa Antonia Pozzi, assieme al Comune di Roseto degli Abruzzi che anche quest’anno ha premiato con la Rosa d’Argento un’opera significativa.

La cerimonia di quest’anno ha potuto contare sulla presenza di due ospiti illustri, il professor Silvio Raffo, presidente di giuria, poeta, critico letterario e saggista e il maestro Guido Oldani, padre fondatore del realismo terminale, a cui è stata assegnata la targa alla carriera.

Questi i vincitori nelle varie sezioni del premio:

Sezione Poesia:
MARTINA PILLEPICH 1ª Classificata; GERALDINA GIUSEPPINA RICCOBONO 2ª e ILARIA BIONDI 3ª.

Sezione Narrativa:
ELISABETTA LANDO 1ª Classificata; MARIA SABINA COLUCCIA 2ª e ANDREA NASCIMBENE 3°.

Sezione Saggistica:
SERENA BORGHETTI 1ª Classificata e FRANCESCA INNOCENZI 2ª.

Sezione Testi Teatrali:
Vincitrice CHIARA PASETTI

Sezione video poesia:
ANTONINO TAVERNITI 1° Classificato; NUNZIO BUONO 2° ed ELISA GHIRARDI 3ª.

Particolarmente significativa la partecipazione degli alunni di una classe di III media di Erba che nel corso dell’anno scolastico hanno approfondito la conoscenza delle poetesse del ‘900, fra cui Antonia Pozzi ha avuto un posto rilevante.

Infine fra i giovani, nella sezione Poesia, è stata premiata una ragazza di Pasturo, Allison Orlandi.

Nella foto del fotografo Nicola Colella il momento della premiazione e una bella immagine di Antonia Pozzi.


MATTIOLI / CARAVAGGIO. The lightful fruit

dal 07 Maggio al 03 Luglio 2022 Milano, Pinacoteca Ambrosiana

MATTIOLI / CARAVAGGIO. THE LIGHTFUL FRUIT è un omaggio dell’artista del ‘900 italiano a La Canestra di Frutta di Caravaggio, capolavoro del maestro esposto alla Pinacoteca Ambrosiana.

20 opere divise in due sale tra le quali la Prima Sala dove è esposta nella permanente la celebre opera del Merisi, e altre due sale con 7 teche al cui interno si trovano gli strumenti dell’artista come ad esempio delle sue tavolozze.

Unite a questa esposizione tutte le opere di illustri maestri della pittura presenti nel museo milanese, tra cui in primis Il Musico di Leonardo Da Vinci, il cartone preparatorio di Raffaello, le opere di Bruegel e tante altre ancora da scoprire nelle varie sale espositive.

Gabriele Ardemagni

MilanoDal 7 maggio al 3 luglio 2022, la Pinacoteca Ambrosiana di Milano ospita un inedito confronto tra le opere di Carlo Mattioli (1911-1994), uno dei maestri italiani dell’arte del Novecento e La canestra di fruttadi Caravaggio, conservata al museo milanese.

La mostra, dal titolo Mattioli/Caravaggio. The lightful fruit, ideata ed organizzata dalla Fondazione Carlo Mattioli di Parma, col contributo di SCIC Italia, UniCredit Wealth Management, Arti grafiche Castello, presenta venti dipinti a olio che favoriscono la conoscenza dell’opera e del processo creativo del pittore emiliano attraverso il profondo dialogo con il capolavoro caravaggesco e faranno sentire l’eco contemporanea dell’originale, a quattrocento anni dalla sua creazione.

Mattioli/Caravaggio. The lightful fruit alla Pinacoteca Ambrosiana – afferma Marcella Mattioli, Presidente della Fondazione Carlo Mattioli e figlia dell’artista – è il primo passo del viaggio che la Fondazione ha deciso di intraprendere rileggendo l’opera di Mattioli attraverso nuove forme di comunicazione e una serie di mostre monografiche con dipinti originali e tecnologie multimediali”.

“Questa iniziativa – aggiunge Anna Zaniboni Mattioli, vicepresidente della Fondazione- si confronta con il passato, ma con lo sguardo contraddittorio, lucido e nevrotico dell’uomo di oggi, rendendo più scoperta la volontà di “mostrare” le istanze contemporanee di Carlo Mattioli”.

“La Veneranda Biblioteca Ambrosiana – dichiara Mons. Alberto Rocca, direttore della Pinacoteca Ambrosiana, ha accolto questo progetto con grande favore, nella certezza che l’arte sa instaurare un dialogo che non conosce confini di tempo, anche parlando linguaggi diversi come diverse, ma di pari grandezza, possono essere le opere di Caravaggio e Mattioli”.

“Siamo onorati di far parte di questo progetto – sostiene Maria Costanza Marconi Fornari, responsabile Marketing e Comunicazione di SCIC Italia – e di poter omaggiare l’opera di Mattioli a cui siamo accomunati dalle medesime radici territoriali e culturali.

Sarà interessante poter assistere al confronto tra la pittura materica e astratta di Mattioli e uno dei quadri più rappresentativi dell’opera di Caravaggio”.

Il coraggio di confrontarsi con un maestro assoluto come Caravaggio e con una delle sue opere più iconiche, sta all’origine di un ciclo di dipinti e disegni che Mattioli volle presentare alla Biennale di Venezia del 1968, ma che rimase visibile solo il giorno dell’inaugurazione, a causa della contestazione sociale e politica che si sviluppò in quell’anno e che coinvolse anche settori come la cultura e l’arte.

Cestini del Caravaggio di Carlo Mattioli tornarono così al silenzio dello studio in cui erano nati.

Il percorso espositivo, suddiviso in tre ambiti tematici spaziali e allestitivi, si propone come una narrazione che si sviluppa attraverso le suggestioni contemporanee di Mattioli.

Il tema analitico e il processo creativo sono allestiti nelle prime due sale all’interno di sette vetrine che propongono una visione suggestiva dei materiali utilizzati dal pittore.

Il tema realizzativo è concentrato nella terza sala in dialogo diretto con la Canestra di Caravaggio ed è ottenuto da un suggestivo allestimento basato sulla spogliazione sospesa nella penombra della stanza.

Il tema concettuale, nella quarta stanza, propone la visione delle ultime opere relative alla Canestra e, leggermente appartata una sezione video, che narra l’evoluzione del processo esplorativo di Mattioli.

Mattioli affronta il genere e il modello ambrosiano rimanendo in un personale limbo, sospeso fra una figurazione che non sarà mai più completa e un’astrazione cui non ci si può abbandonare del tutto. La relazione col modello diventa un lungo studio filtrato con l’immagine di un ammasso di scatole e foglie appoggiate su un trespolo del suo studio.

Mattioli si accosta al modello secentesco, declinandolo prima in uno studio profondo legato alla volumetria e alla luce, poi ingrandendone i particolari, con il canestro che diventa il fulcro attorno cui ruota tutta la sua ricerca.

Il titolo, The lightful fruit, si propone di giocare sulla doppia visione e percezione della luce che illumina il cestino di frutta ma attraverso il filtro della delicatezza (delight), quasi fosse uno spazio intimo, chiuso e raccolto.

Nelle sequenze filmiche che accompagnano l’esposizione vera e propria le opere sono raccolte in uno spazio irreale, uno spazio argenteo come un dagherrotipo. Questa grammatica visiva si propone di evidenziare gli elementi base che l’artista ha usato, senza porre al centro del discorso i dettagli didascalici del documento. Citazioni, ombre, luci, e un tema ossessivo per declinare un proprio idioma, oltre l’opera di Caravaggio.

Accompagna la mostra un catalogo (edito da Tacuino) con un testo inedito del Professor Claudio Strinati e un prezioso contributo di Roberto Tassi.

Note biografiche 

Carlo Mattioli nasce l’8 maggio 1911 a Modena, da una famiglia di artisti.

Il padre Antonio, insegnante di disegno, si trasferisce con l’intero nucleo familiare a Parma, dove Carlo può seguire regolari studi all’Istituto di Belle Arti. Diplomatosi, comincia immediatamente a insegnare in Istria, ad Arezzo, a Parma, all’Accademia di Firenze e, infine, a quella di Bologna.

Intanto a Parma frequenta e ritrae i giovani intellettuali che allora gravitavano nella vivace orbita culturale della città: Ugo Guanda, Oreste Macrì, Pietrino Bianchi, Mario Luzi, Attilio Bertolucci e altri ancora.

Molto riservato e geloso di una dimensione privata e solitaria del proprio lavoro, Mattioli riesce, comunque, a rimanere aggiornato sugli sviluppi dell’arte contemporanea e a coltivare lo studio e l’amore per l’arte antica di cui è un profondo e attento conoscitore.

Dalla fine degli anni Trenta Lina, sposata nel 1937, è l’assoluta protagonista dei suoi dipinti; sono i primi Nudi e i primi Ritratti cui si affiancheranno quelli dell’unica figlia Marcella.

Si apre anche, negli anni Quaranta, la stagione della grafica che avrà poi altre straordinarie parentesi, come quella delle numerose illustrazioni degli anni Sessanta, testimonianza del suo interesse mai sopito e della sua profonda conoscenza della letteratura europea.

Vedono la luce Vanina Vanini e la Chartreuse de Parme di Stendhal (dal 1961), i Ragionamenti dell’Aretino (dal 1960 al 1964), le Novelle del Sermini (1963), il Belfagor del Machiavelli. Culmina nel 1968 il Canzoniere del Petrarca e la Venexiana.

La grafica, tuttavia, lascia gradualmente il posto preminente alla pittura. Ai nudi, in piedi o coricati, dal 1960 al 1963, si aggiungono i nuovi Ritratti, (celebri quelli dedicati a Giorgio De Chirico, Roberto Longhi, Carlo Carrà, Giacomo Manzù, Giorgio Morandi e Renato Guttuso) che compariranno di tanto in tanto lungo l’arco decennio e poco oltre.

Dal 1962 la natura morta affianca e poi sostituisce gradualmente il nudo, e a sua volta lascia il posto, a partire dal 1967, agli studi sul Cestino di Caravaggio, destinati alla tribolata Biennale di Venezia del 1968.

Nati dalla frequentazione con Roberto Longhi i “Cestini” si prolungano, in una riflessione complessa che riguarda anche l’amato Tiziano, fino al 1974 anno in cui si affermano finalmente le vedute del duomo di Parmaadagiato sui tetti della città.

Ritornando alle mostre, del 1943 è la prima personale, su sollecitazione di Ottone Rosai, alla Galleria del Fiore di Firenze. Dal 1948 Mattioli è puntualmente presente alle varie edizioni della Biennale di Venezia dove riceve, nel 1956, dalla commissione presieduta da Roberto Longhi, il Premio Comune di Venezia per un disegnatore. Lo stesso anno vince anche la Quadriennale di Roma.

Agli inizi degli Anni Settanta compaiono i celeberrimi Notturni, talvolta impreziositi da un albero o come cielo soltanto, attraversato da nubi e illuminato dalla presenza della luna; o come cielo alto sopra il dorso del duomo, o al di là di una siepe; o ancora, come notte che scurisce una spiaggia; o infine, notte che avvolge un nudo femminile disteso, inarcato come il profilo di una collina.

A metà degli anni Settanta i Paesaggi, che occupano anche tutto il decennio successivo, si aprono a tonalità per lui fino ad allora inedite: le spiagge, i campi di papaveri e di lavanda, le ginestre, le aigues mortes, gli alberi, la Versilia, le colline di Castrignano, le foreste di Birnam, i boschi. Dal 1974 al 1985 nascono i ritratti della nipote Anna impastati con i nuovi colori dei paesaggi.

Nel 1982 vengono creati i muri e le travi del ciclo per una crocefissione, tenebrosa preparazione per i grandi Crocifissi. Ma anche l’Arte Sacra, come possono testimoniare le numerose opere realizzate e donate a chiese e istituzioni religiose a partire dagli anni Cinquanta, è capitolo profondamente rilevante nella sua produzione.

Nel 1983 muore Lina. Nello stesso anno avviene la grande donazione all’Università di Parma. La maestosa antologica del 1984 a Palazzo Reale di Milano inaugura una lunghissima serie di esposizioni in prestigiose sedi in Italia e all’estero.

Nel 1993 esegue gli ultimi quadri a olio, i calanchi e le Apuane di notte. Poi l’ultima serie di tempere su antiche copertine di libri. 

Muore a Parma il 12 luglio del 1994.

Ufficio stampa Fondazione Carlo Mattioli
CLP Relazioni Pubbliche
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Ufficio stampa Veneranda Biblioteca Ambrosiana
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Paolo Cognetti, presenta a Pasturo il suo libro su Antonia Pozzi

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In collaborazione con Leggermente, l’autore già vincitore del Premio Strega con le “Otto Montagne” racconta Antonia Pozzi.

 

Lunedì 9 Maggio ore 20:45 in Sala Cinematografica di PASTURO, l’associazione culturale Il Grinzone: organizza un incontro con PAOLO COGNETTI, autore del testo: L’ ANTONIA poesie, lettere e fotografie di ANTONIA POZZI. In questi giorni, il film tratto dal romanzo “Le otto montagne” è al festival di Cannes. Un film franco – italo – belga diretto da Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch e in uscita nel 2022 . 

Nelle foto la locandina e la foto dell’autore.


 DAVID LACHAPELLE. I BELIEVE IN MIRACLES

dal 22 aprile all’11 settembre 2022 Mudec Milano

DAVID LACHAPELLE Una mostra completa, anzi potrei dire come affermato dallo stesso fotografo presente alla conferenza stampa di presentazione, la mostra più importante mai fatta sull’artista statunitense.

Ripercorre la carriera dai tempi delle prime fotografie passando per il periodo nella “Fabric” di Andy Wahrol a New York per approdare poi nella West Coast a Los Angeles dove ha raccontato al mondo intero il suo concetto di sacro e profano, fino agli scatti inediti alle Isole Hawaii dove si è rifugiato in questi ultimi due anni di pandemia.

L’allestimento della mostra è a dir poco avvolgente, stampe con dimensioni di svariati metri con soggetti iconici, molti personaggi dello Star System USA, raccontati con maestria non solo di immagine ma anche di concetto, si perché ogni foto di David è un opera studiata nei minimi dettagli che lascia a bocca aperta chi le osserva.

Gabriele Ardemagni

MilanoDAVID LACHAPELLE. I BELIEVE IN MIRACLES a cura di Denis Curti e Reiner Opoku al Mudec di Milano dal 22 aprile all’11 settembre 2022

Oltre 90 opere – tra grandi formati, installazioni site-specific e nuove produzioni – provenienti direttamente dallo studio dell’artista, per raccontare la sua visione di un mondo nuovo e una nuova umanità possibile.

La grande mostra personale “David LaChapelle. I Believe in Miracles”, al MUDEC di Milano dal 22 aprile 2022, prodotta da 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE e promossa dal Comune di Milano-Cultura,

è il risultato di un percorso di ricerca artistica che dura da una vita e che racconta un David LaChapelle inedito e, per certi versi, inaspettato. 

Dalla sua formazione con Andy Warhol – nella New York degli anni ’80 – e dalla cultura pop, lo sfaccettato vissuto artistico di David LaChapelle è approdato alle gallerie, per culminare poi in una fotografia artistica unica nel suo genere, caratterizzata da un’acuta consapevolezza del tempo in cui viviamo.

Partendo dai primi lavori, si apre agli occhi del pubblico in anteprima assoluta per il Museo delle Culture una serie inedita di opere che fanno parte della nuova e visionaria fase di produzione – l’ultima, datata 2022 – risultato della potente eredità della sua lunga esperienza artistica e umana.

Citando le parole dei curatori nel testo del catalogo che accompagna la mostra, “David LaChapelle intraprende questo viaggio verso una dimensione più profonda e spirituale già a partire dagli anni ’80 e, nel corso della sua carriera, ha sempre saputo rinnovarsi attraverso linguaggi e liturgie figlie del nostro tempo, mantenendo uno stile riconoscibile.

Un marchio di fabbrica che ha a che fare con una dimensione onirica e surreale. (…)

Il percorso espositivo non ha, volutamente, un andamento lineare, perché il display si riferisce a un continuo e coerente intreccio di tematiche tra loro correlate. 

È un continuo entrare e uscire dalle contraddizioni della nostra esistenza: dal miracolo desiderato all’inferno della contemporaneità.” 

PERCHÉ CREDERE NEI MIRACOLI?

“LaChapelle – spiegano i due curatori in relazione al titolo della mostra – ci invita a creare nuove relazioni con le persone, con la natura, con il consumo, con la spiritualità.

Un altro mondo è possibile. David LaChapelle crede nei miracoli.” 

Partendo da opere che denunciano la vulnerabilità del pianeta e la fragilità dell’uomo, insieme a un repertorio che guarda alla pop culture e lo star system del cinema, della musica, dell’arte,

la mostra si snoda attraverso immagini rivelatrici della visione dell’artista verso un mondo nuovo, che cerca una natura incontaminata e lussureggiante dove possono convivere spiritualità,

amore e bellezza e dove uomini e donne possono vivere finalmente liberati dall’alienazione e in connubio con il contesto naturale. 

Il percorso espositivo è un viaggio personale intriso di memoria e sentimenti, che mischia volutamente l’andamento non cronologico con le esperienze di una vita professionale e privata che alla fine, si trovano sullo stesso piano.

Molte tra le opere presenti in mostra rimandano alle serie più famose dell’artista, come i famosissimi scatti che hanno reso David LaChapelle un’icona vivente della cultura pop.

Con lui hanno collaborato superstar come Madonna, Britney Spears, Michael Jackson, Kim Kardashian, David Hockney, Angelina Jolie, Elizabeth Taylor, Hillary Clinton, Muhammad Ali, Jeff Koons, Uma Thurman, David Bowie, e LaChapelle si porta appresso questa eredita che e parte integrante del suo mondo artistico. 

L’artista: David LaChapelle

David LaChapelle è nato nel Connecticut nel 1963 e ha frequentato il liceo School of the Arts in North Carolina. Iscritto originariamente come pittore, sviluppò una tecnica analogica, partendo dal dipingere a mano i propri negativi per ottenere uno spettro di colori ‘sublime’ prima di elaborare le sue pellicole. All’età di 17 anni, LaChapelle si trasferì a New York City. Dopo la sua prima mostra fotografica a Gallery 303, fu assunto da Andy Warhol per lavorare a Interview Magazine. Attraverso la sua padronanza del colore, la composizione unica e le narrazioni fantasiose, LaChapelle ha iniziato ad ampliare il genere fotografico.

Il suo tableau messo in scena, i ritratti e le nature morte hanno rimesso in discussione il modo di fare fotografia tradizionale e il suo lavoro ha rapidamente guadagnato l’interesse internazionale. 

Nei decenni successivi, LaChapelle è diventato uno dei fotografi più pubblicati in tutto il mondo con un’antologia di libri, tra cui LaChapelle Land (1996), Hotel LaChapelle (1999), Il paradiso all’inferno (2006), Lost & Found e Good News (2017). 

Allo stesso tempo, il suo lavoro si è esteso a video musicali, film e progetti teatrali. 

Negli ultimi 30 anni, LaChapelle ha esposto a livello internazionale in gallerie e musei tra cui la National Portrait Gallery (Londra), il Musee de Monnaie (Parigi), il Barbican Center (Londra), Victoria and Albert Museum (Londra), Tel Aviv Museum of Art, Fotografiska (Stoccolma), Musee D’Orsay (Parigi), Groninger Museum (Paesi Bassi), Palazzo delle Esposizioni (Roma), Palazzo Reale (Milano), National Portrait Gallery (Washington D.C.), Casa dei Tre Oci (Venezia) e La Venaria Reale (Torino). Il 2022 è l’anno della sua mostra personale al Mudec (Milano). 

MUDEC Via Tortona 56 Milano tel. 02/54917 (lun-ven 10.00-17.00) 

DATE 22/04 – 11/09/2022 

ORARI Lun 14.30 ‐19.30 | Mar, Mer, Ven, Dom 09.30 ‐ 19.30 | Gio, Sab 9.30‐22.30 

BIGLIETTI Intero € 15 | Ridotto € 13 

Il servizio di biglietteria termina un’ora prima della chiusura. 

Ufficio stampa
Elettra Occhini | elettra.occhini@ilsole24ore.com

Nuove presenze al Museo Manzoniano: esposti altri costumi dello sceneggiato RAI del 1989

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In occasione dei laboratori didattici “Immagina/Scopri/Esplora I Passaporti dei Promessi Sposi” vengono esposti tutti i costumi dello sceneggiato RAI realizzati dalla Sartoria Tirelli

 

LECCO – In questo periodo, in occasione delle attività didattiche che si stanno svolgendo nel Museo Manzoniano, viene offerta a tutti i visitatori una straordinaria possibilità. All’interno del percorso permanente sono stati esposti tutti i costumi di scena realizzati dalla Sartoria Tirelli per lo sceneggiato RAI del 1989 e donati al Museo. In aggiunta a Renzo e Lucia, già presenti in sala 10, l’allestimento è infatti stato arricchito con la ConversaGertrudeDon Rodrigo e la Principessa Madre. Si tratta anche di un’occasione per conoscere i lavori dello stilista Maurizio Monteverde (Roma 1933 – 2007), che disegnò i costumi di molti importanti spettacoli teatrali e televisivi, spesso per la Sartoria che, dai film di Luchino Visconti a quelli attuali, è la più importante produttrice di costumi per il cinema italiano e hollywoodiano.

Gli alunni delle scuole primarie di Lecco sono tra i primi ad avere la straordinaria possibilità di incontrare i personaggi del romanzo attraverso il nuovo allestimento, grazie al laboratorio didattico “Immagina/ Scopri/ Esplora I Passaporti dei Promessi Sposi” partito lo scorso giovedì 29 aprile e attualmente in programma fino a giugno, a cura di Manuela Sormani. Negli incontri già avuti luogo, gli studenti hanno realizzato la descrizione di uno dei dodici personaggi del romanzo utilizzando il format creato da Paolo Vallara nella mostra “I Passaporti dei Promessi Sposi”, ora esposti in una teca all’interno delle scuderie della Villa, per un’attività che permetterà loro di conoscere un po’ di più il capolavoro manzoniano e il luogo speciale che li ospita. Per iscriversi ai laboratorio è necessaio contattare i servizi educativi del Si.M.U.L. ai numeri 0341 481.247/249/105 oppure scrivere a educazione.musei@comune.lecco.it.


Nelle foto: alcuni costumi nell’allestimento di Villa Manzoni

BRESCIA PHOTO FESTIVAL 2022. Le forme del ritratto 31 Marzo – 24 Luglio

BRESCIA PHOTO FESTIVAL 2022 Una Primavera segnata da grandi Festival Fotografici, questa è la volta di Brescia, il tema è il Ritratto in tutte le sue forme attraverso le epoche.

Gabriele Ardemagni

Brescia – BRESCIA PHOTO FESTIVAL 2022 giunge alla sua quinta edizione ospitando una strepitosa mostra fotografica dello statunitense Edward Weston e i suoi eredi, un affascinante viaggio lungo oltre un secolo con tre generazioni di fotografi.

La mostra che si tiene al Museo di Santa Giulia è la ciliegina su una ricca torta fatta di esposizioni in varie sedi della città lombarda: il Museo di Santa Giulia, la Pinacoteca Tosio Martinengo, il Mo.Ca. – Centro per le Nuove Culture, il Museo Civico di Scienze Naturali, la Fondazione Vittorio Leonesio di Puegnago del Garda e la Cantina Guido Berlucchi di Corte Franca.

Al Museo di Santa Giulia e in altre sedi espositive cittadine, grandi mostre e importanti eventi intorno alle molteplici declinazioni del “ritratto” nella storia della fotografia italiana e internazionale.

Tra gli appuntamenti più attesi, la mostra omaggio a Edward Weston (1886-1958), uno dei maestri del Novecento: una esposizione originale e inedita, sviluppata con gli eredi del celebre fotografo.

Giunta alla sua V edizione, l’iniziativa promossa da Comune di Brescia e Fondazione Brescia Musei, in collaborazione con Ma.Co.f – Centro della fotografia italiana, con la curatela artistica di Renato Corsini, verte sul tema Le forme del ritratto, consolidando nuovamente la città di Brescia quale uno dei centri propulsivi di quest’arte.

Il fulcro del BRESCIA PHOTO FESTIVAL 2022 è il Museo di Santa Giulia, epicentro culturale cittadino gestito dalla Fondazione Brescia Musei, presieduta da Francesca Bazoli e diretta da Stefano Karadjov, Istituzione produttrice dell’intera manifestazione.

Tra gli appuntamenti di maggior richiamo internazionale, la mostra WESTON. Edward, Brett, Cole, Cara. Una dinastia di fotografi

la grande monografica, allestita al Museo di Santa Giulia, dedicata a Edward Weston (1886-1958), uno dei maestri della fotografia del Novecento, le cui opere sono esposte per la prima volta in Italia a fianco di quelle dei figli Brett e Cole e della nipote Cara.

L’esposizione, curata da Filippo Maggia, promossa da Fondazione Brescia Musei e Skira e progettata in stretta sinergia con la famiglia Weston, propone oltre 80 capolavori, tra cui 40 del solo Edward, con i suoi lavori più significativi:

dai nudi plastici, dalle dune di sabbia, dagli oggetti trasformati in sculture sino ai celebri vegetable – peperoni, carciofi, cavoli – e dalle conchiglie inquadrate in primissimo piano

Paragonata dalla critica alla pittura e alla scultura, la fotografia di Edward Weston è l’espressione di una ricerca ostinata della purezza, nelle forme compositive così come nella perfezione quasi maniacale dell’immagine.

L’autore indaga gli oggetti nella loro quintessenza, eleggendoli a metafore visive degli elementi stessi della natura.

Aspetto d’eccellenza che caratterizza l’esposizione è stata l’opportunità di lavorare a stretto contatto con la famiglia Weston.

La totalità delle immagini di Edward presenti in mostra è stata stampata dalla famiglia: alcuni scatti da lui stesso, altri dal figlio Cole, seguendo le istruzioni trasferite dal padre.

Negli ultimi anni della malattia del maestro, i figli lo hanno infatti assistito in camera oscura, dando in questo modo vita ad una delle collezioni più organiche del ‘900, con cui Fondazione Brescia Musei ha avuto l’onore di potersi confrontare.

Oltre ai Weston, al Museo di Santa Giulia, è allestita la mostra Lo sguardo restituito sulla storia del ritratto dal dagherrotipo al selfie, a cura di Renato Corsini e Tatiana Agliani:

un lungo viaggio tra le varie declinazioni del genere ritrattistico, dai primi del Novecento ai selfie, attraverso le fotografie di anonimi autori e grandi maestri quali Steve McCurry, Sebastião Salgado, Ugo Mulas, Gian Paolo Barbieri, Alberto Korda, Edward S. Curtis e molti altri.

Pinacoteca Tosio Martinengo

Nella nuova Pinacoteca Tosio Martinengo si potrà ammirare un insolito dialogo tra collezionisti che hanno fatto la storia: Peggy e Paolo. Una passione senza tempo.

Il Brescia Photo Festival mette infatti in scena un inedito dialogo tra Paolo Tosio e Peggy Guggenheim, in un celebre scatto di Gianni Berengo Gardin: a distanza di più di un secolo, l’uno dall’altra, due collezionisti affidano al ritratto la memoria della loro passione.

Un progetto one-off dedicata che Gianni Berengo Gardin dedica a Peggy Guggenheim, fotografata nella sua dimora veneziana a Palazzo Venier dei Leoni, sullo sfondo una scultura di Calder.

Di fronte a lei, di Luigi Basiletti, il Ritratto del conte Paolo Tosio, il mecenate illuminato grazie al cui lascito, 170 anni fa, nel 1851, la città di Brescia inaugurò la prima galleria civica d’arte contemporanea in Italia, oggi la Pinacoteca Tosio Martinengo, recentemente aperta nuovamente al pubblico dopo un’importante operazione di riallestimento di sette sale e della sezione dedicata alle opere del ‘700. 

Mo.Ca.

Nel centenario della nascita, inoltre, al Mo.Ca. il Brescia Photo Festival ricorda Pier Paolo Pasolini, con la mostra di ritratti Pier Paolo Pasolini. Per essere poeti, bisogna avere molto tempo, curata da Renato Corsini e Gerardo Martorelli.

L’esposizione restituisce una visione intimista del grande intellettuale: il rapporto con la madre, la passione per il calcio e le amicizie più profonde sono i temi di un corpus di fotografie scattate da importanti autori italiani quali Gianni Berengo Gardin, Federico Garolla, Sandro Becchetti, Aldo Durazzi, Ezio Vitale

A Pier Paolo Pasolini, in occasione del Brescia Photo Festival, anche il cinema Nuovo Eden, art house cittadina della Fondazione Brescia Musei, dedica un programma speciale, Pasolini 100, con una selezione dei suoi capolavori in versione restaurata, in collaborazione con la Cineteca di Bologna.

Oltre alla rassegna dedicata a Pier Paolo Pasolini, il Mo.Ca. accoglierà Maurizio Frullani, con un focus sui ritratti al femminile nella “sua” Eritrea realizzati tra il 1993 e il 2000 nella Massaua piagata dalla guerra; Fabrizio Garghetti, con la sua documentazione delle avanguardie artistiche italiane della metà degli anni ’60; N.V. Parekh, con i suoi celebri reportage da Mombasa.

Altre sedi in città e provincia

Il Brescia Photo Festival si completa anche con tre mostre allestite in altre sedi della città e della provincia. Al Museo Civico di Scienze Naturali è possibile ammirare l’esposizione Claudio Amadei. Farfalle, immagini che scompongono il reale ed interpretano in maniera spesso dissacrante quello che la natura offre;

la Fondazione Vittorio Leonesio di Puegnago del Garda, con la mostra La rivoluzione umana di ZENG YI, protagonista della fotografia cinese tra gli anni Novanta e il nuovo Millennio, che documenta il volto della Cina più nascosto, e la Cantina Guido Berlucchi di Corte Franca, che il 29 aprile inaugura I ritratti della Dolcevita, un’esposizione che documenta un modo di interpretare la fotografia che ha segnato un’epoca.

BRESCIA PHOTO FESTIVAL 2022  – V EDIZIONE Le forme del ritratto
31 marzo – 24 luglio 2022
Museo di Santa Giulia, Pinacoteca Tosio Martinengo, Mo.Ca e altre sedi in città e provincia

Ufficio stampa Brescia Photo Festival
CLP Relazioni Pubbliche
clp1968.it

Con la tradizionale “Fiera” si conclude la Festa di San Mauro a Cortenova

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Quattro giorni di festa a Cortenova per celebrare San Mauro. Torna in pieno la tradizione: dalla processione, alle serate danzante e ai momenti della gastronomia. Mostra dei disegni dei più piccoli e bancarelle il 25 aprile.

CORTENOVA – Tornata la festa patronale di San Mauro Abate a Cortenova. Si è iniziato il 22 aprile con il servizio bar nel parcheggio di piazza Umberto I, sabato 23 apre anche la cucina, con la messa con fiaccolata all’Alpe Lura alle ore 20:00, per terminare con l’apprezzata serata musicale.

Domenica mattina 24 aprile, l’inaugurazione della mostra curata dai bambini della scuola elementare “A spasso con Rina – Scorci e bellezze di Cortenova”, a seguire pranzo, tombolata e giochi gonfiabili. Alle 18 la consueta processione con la statua del Santo. In serata dj set con i “Ritmo FFF” ed estrazione dei numeri della lotteria.

Lunedì 25 aprile è dedicato alla tradizionale fiera con le bancarelle.


Nelle foto: la locandina dell’evento e un particolare dei disegni dei piccoli.

“Prigionia e Resistenza in Valsassina”

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A 77 anni dalla “liberazione” dal nazifascismo in Valsassina un evento per ricordare il 25 aprile

CREMENO – “Prigionia e Resistenza” è il tema dell’incontro che La Fucina – Associazione culturale
propone in occasione del 77esimo anniversario della Liberazione dal nazifascismo.
Sabato 23 aprile, alle 21 in Villa Carnevali, sede della biblioteca di Maggio, l’associazione da
poco costituita dialogherà con Augusto Giuseppe Amanti, vicepresidente di Anpi sezione
Valsassina e storico amatoriale che con minuziose ricerche d’archivio ha ricostruito la
biografia di quasi 500 valsassinesi internati nei lager del III Reich.
Tracciando i ritratti di alcuni cremenesi e ripercorrendo episodi significativi della storia di
quella comunità, Giuseppe Augusto Amanti e “La Fucina” riporteranno l’attenzione sul sacrificio e i valori che
permisero al Paese di uscire dal ventennio fascista e di conquistare la piena democrazia.

Nelle foto: la locandina dell’evento e il logo della nuova associazione culturale “La Fucina”.

In un volume le “testimonianze” di Don Alfredo Comi.

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Un’opera originale per ricordare la straordinaria figura di uomo, sacerdote e parroco che per oltre cinquant’anni ha operato in Valsassina

BARZIO – Lunedì 18 aprile alle ore 16 presso la chiesa parrocchiale S. Alessandro in Barzio verrà presentato il volume “Don Alfredo Comi: testimonianze” pubblicato dalla Parrocchia di Barzio per ricordare la straordinaria figura di uomo, sacerdote e parroco che per oltre cinquanta anni ha operato in Valsassina.

All’indomani della scomparsa, avvenuta il 12 aprile 2021, la comunità pastorale Maria Regina dei Monti ha lanciato sul proprio sito internet l’invito a raccogliere le testimonianze sul lungo ministero di don Alfredo Comi (Grezzago, 1925 – Barzio, 2021). Nel giro di pochi mesi sono pervenute ben trentasei testimonianze che hanno suggerito la raccolta in un volume.

Alle testimonianze sono stati premessi il breve profilo biografico che era stato stilato per il conferimento della cittadinanza onoraria del Comune di Barzio nel 2019, un’intervista radiofonica dello stesso anno, l’ultima intervista – inedita – che concesse nel febbraio 2020 e la trascrizione dell’omelia funebre tenuta dal Vicario episcopale mons. Maurizio Rolla. Le note introduttive sono state scritte dal parroco di Barzio don Lucio Galbiati e da Federico Oriani che ha curato la pubblicazione.

Il volume è disponibile presso la parrocchia di Barzio.

Per partecipare alla presentazione è obbligatorio l’uso di mascherina che copra naso e bozza.

Nelle foto: la copertina del volume dedicato a Don Alfredo Comi, una foto con il Santo Padre e una ai Piani di Bobbio con l’allora Cardinale Tettamanzi


Monsignor Mario Delpini Arcivescovo di Milano e il suo personale messaggio per la Pasqua.

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Nel canale Youtube “Milanesi in Portineria” abbiamo pubblicato una bella intervista a Monsignor Mario Delpini Arcivescovo di Milano con domande non sempre scontate e risposte davvero degne della grande persona che è e del ruolo che rappresenta.

Gabriele Ardemagni

Monsignor Mario Delpini Arcivescovo di Milano Intervista sul canale YouTube Milanesi in Portineria

Milano – 14 Aprile 2022 Protagonista assoluto della diocesi milanese (la più grande del mondo) Monsignor Mario Delpini Arcivescovo di Milano è stato in più occasioni ospite della Valsassina, a Introbio, Pasturo Premana e in tante altri paesi e altrettante chiese.

Questa intervista girata un anno fa è tuttora valida ed attuale, le domande di Paolo Giarrusso sono sempre attuali e portano a conoscere la persona dietro il personaggio e le risposte sono sempre all’altezza e in questo caso specifico danno spunti di riflessione sul periodo che stiamo vivendo.

Buona Pasqua e Buona Visione, ricordatevi di ISCRIVERVI al CANALE e ATTIVARE LA CAMPANELLA!